La storia del film "A5405. Nedo Fiano" |
La storia del film "A5405. Nedo Fiano"
di Aurelio Citelli
L'idea
Adesso che Nedo se n'è andato, è giunto il tempo di raccontare una piccola storia. L'idea del film su Nedo Fiano (A5405, era la sua
matricola ad Auschwitz) mi venne nel 2009 dopo aver visto le riprese di
sua conferenza alla Camera del Lavoro, organizzata dalla Provincia di
Milano (ente per il quale ho lavorato quasi 43 anni), in preparazione
dei Viaggi della Memoria. La forza della sua testimonianza, il suo modo
di porsi, il racconto duro e vivo dell'esperienza sua e dei suoi
familiari - tutti finiti nei forni crematori di Auschwitz per la sola
'colpa' di essere ebrei - ne facevano un testimone di grande forza. Di
fronte al suo racconto era impossibile rimanere indifferenti.
Ne parlammo alla dirigente del Settore
comunicazione, Cinzia Boschiero, che ci diede il via libera per
contattare Nedo e registrare la sua testimonianza.
Gli studenti Milano, Parco Montanelli, luglio 2010. Nedo Fiano con Renato Minotti (direttore della fotografia) e Aurelio Citelli (regista) durante le riprese di A5405. Nedo Fiano Usciti dalla scuola, Nedo ci chiese un passaggio in auto e noi fummo ben lieti di accompagnarlo. Quel viaggio fu una lezione di storia: raccontò aneddoti sul lager, cantò canzoni, lanciò imprecazioni in tedesco. Suoni, scritte, visi e perfino odori lo riportavano sempre là, nel campo di Auschwitz. Un luogo da cui non è mai uscito.
Dopo diversi tentativi, si convinse a
prestarci gli album delle foto di famiglia che ci servivano per il film. Un patrimonio di grande valore, non si sa come sopravvissuto alla
sottrazione di tutto ciò che stava nella casa fiorentina dei Fiano: alla fine
del 1945, quando ritornò a Firenze, Nedo aveva trovato la casa vuota.
Era rimasta solo una scarpa, di camoscio marrone, del fratello Enzo,
bruciato nel forno crematorio insieme alla moglie e al figlio di 18
mesi. Sentivo una responsabilità enorme: lì dentro, c'era la memoria di una famiglia che, tranne Nedo, non esisteva più.
Un lunedì, su consiglio di Alessandra,
amica giornalista, scrissi a Ferruccio De Bortoli, allora direttore del
Corriere della sera, per chiedergli una testimonianza su Nedo. Dopo
mezz'ora rispose lui stesso e il mercoledì eravamo nel suo ufficio in
via Solferino. Stessa cosa con Moni Ovadia, Liliana Picciotto. Nedo
apriva tutte le porte.
Il boicottaggio
Terminato il montaggio, accompagnammo Nedo
e la moglie Rirì nei nostri studi di via Guicciardini per una visione
del film. Al termine, Nedo si alzò e senza proferire parola, mi
abbracciò. Era emozionato. E io più di lui.
Quando avanzammo al Presidente della
Provincia, Podestà, la proposta di presentare il film in occasione del Giorno della Memoria 2012, la risposta fu il silenzio. Sembrava che la giunta (di Centro-destra) volesse insabbiare il film, nasconderlo. Podestà, supportato dal vice Presidente Maerna (già del Movimento Sociale e poi
in Alleanza Nazionale), iniziò a fare melina, a non decidere una data
per la presentazione, a non volere una conferenza stampa e la diffusione di
comunicati ai giornali. I giorni passavano e le risposte non
arrivavano. Al 10 gennaio, ancora non sapevamo se il film sarebbe stato
presentato. Mai, in 43 anni, ho vissuto un periodo tanto buio.
Da dipendente, non avevo autonomia
decisionale, tutto doveva - giustamente - essere autorizzato. Ma il
comportamento dei vertici, i silenzi e l'ostilità, diventavano
sempre più insopportabili. C'erano di mezzo Nedo, la sua storia, la Shoà.
Qualcosa mi sfuggiva.
Decisi - rischiando - di forzare la mano.
Ne parlai a Sergio Slavazza, allora
direttore dell'Editrice Monti che pubblicava i libri di Fiano, e
concordammo di informare il figlio di Nedo, Emanuele, deputato,
confidando in un suo intervento. Avuto il numero da Sergio, telefonai all'on. Fiano, alla Camera dei Deputati, gli raccontai del film, della
spiacevole situazione venutasi a creare, di Nedo che chiedeva conferma
della presentazione e del boicottaggio, sotto traccia, dei
vertici. Emanuele capì. Chiamò Podestà e la
presentazione si sbloccò.
Il sabotaggio
Partigiano (in piccolo)
Fui io, all'insaputa di quasi tutti, alla
Provincia di Milano, con l'appoggio di Mario Zerbini e dei colleghi di Medialogo, a organizzare la serata, a prenotare con qualche artificio
lo Spazio Oberdan (in quegli anni tristemente gestito dall'assessore
Maerna), a redigere e inviare i comunicati stampa al Corriere della
sera, la Repubblica, a contattare il Bollettino della Comunità ebraica, a
mobilitare amici e conoscenti. Seppur non autorizzato, feci
un'intervista a Radio Popolare con Barbara Sorrentini, registrandola dal
mio ufficio. Per dieci giorni, imitando
(in piccolo) i partigani ebrei del ghetto di Varsavia, lavorai sott'acqua perché l'evento avesse successo
o, almeno, non naufragasse.
Da un lato c'erano la miopia e gli
interessi di politici provinciali (nel senso più deteriore del termine),
dall'altro c'era la storia di Nedo, il dramma della sua famiglia, la
memoria della Shoà.
![]() Per Nedo. Per Milano. Per non dimenticare
Il 2 febbraio 2012, con le strade di
Milano coperte di neve e ghiaccio, freddo, gente che rovinava sui
marciapiedi, oltre 100 persone affollarono lo Spazio Oberdan per vedere
il film A5405. Nedo Fiano. Due minuti prima dell'inizio Podestà arrivò
accompagnato dal solito codazzo di lecchini e baciapile: disse due frasi
scontate e se ne andò. Del film non vide neppure i titoli di testa.
In platea c'erano Nedo, la moglie Rina
Lattes, l'on. Emanuele Fiano con il figlio, Roberto Jarach, Presidente
della Comunità ebraica di Milano (vergognosamente invitato all'ultimo
momento e non annunciato), due suore del Centro Asteria che,
scherzosamente, Rirì diceva essere segretamente innamorate di Nedo.
Mancavano, perché non invitati, Ferruccio De Bortoli (era anche Presidente del Memoriale della Shoà), Liliana Picciotto del CDEC e Moni Ovadia, che nel film testimoniano su Nedo. C'erano Minotti e Mazzotta di Medialogo, Sergio Slavazza, Maddalena Soler (di Barabàn, che nel video canta una ninna nanna) e la mamma Manuela, c'era l'altro Barabàn Alberto Rovelli con il padre e la madre venuti da Lacchiarella, c'erano Anna Lomazzi, Massimo Cecconi, Tonino Curagi, Anna Gorio e tanti altri.
E poi c'ero io. Stanco ma felice. Per Nedo. Per Milano. Per non dimenticare.
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