Quando entrarono spensero il lume

Si inaugura sabato 22 ottobre, alle 10,30, nella sala dell’Affresco del castello di Vigevano, la mostra Quando entrarono spensero il lume. La violenza squadrista in Provincia di Pavia 1921-1922 curata dai vigevanesi M. Antonietta Arrigoni e Marco Savini, e voluta nel centenario della marcia su Roma da ANPI, ANED e da altre associazioni resistenziali, con il patrocinio di ISTORECO (Istituto per la Storia della Resistenza e dell’età contemporanea).

La mostra rimarrà aperta dal 22 al 30 ottobre 2022, ore 10-13, 16-19, presso il Castello Sforzesco di Vigevano, Sala dell’Affresco.

(Tratto da La Provincia Pavese, articolo di Roberto Lodigiani)
“Con il metaforico spegnimento del lume, calarono per oltre vent’anni le tenebre sulla democrazia e le libertà civili e di espressione. Il regime fascista nato sulle loro ceneri fu reso possibile innanzitutto dalla spirale di violenze, intimidazioni, raid punitivi, omicidi innescata dal suo braccio armato, lo squadrismo, che nel biennio nero 1921-1922 insanguinò ogni angolo del Paese.

Nei ventuno pannelli esplicativi della mostra, Maria Antonietta Arrigoni (per la stesura dei testi), Marco Savini (iconografia e impaginazione) e il presidente provinciale dell’Anpi, Santino Marchiselli, hanno riassunto ciò che ha rappresentato questo fenomeno, a livello nazionale e locale, partendo dalla citazione di un passaggio del discorso tenuto alla Camera il 31 gennaio 1921 da Giacomo Matteotti, il leader socialista unitario barbaramente assassinato dai killer neri nel 1924: «Oggi in Italia esiste un’organizzazione pubblicamente riconosciuta e nota nei suoi aderenti, nei suoi capi, nella sua composizione, nelle sue sedi, di bande armate, le quali dichiarano apertamente che si prefiggono atti di violenza e di rappresaglia, minacce, incendi. E li eseguono…».

Dalle ricerche d’archivio e sulla stampa d’epoca (“La Provincia Pavese”, “La Plebe”, “Il Proletario”, “Il Risveglio, ma anche “L’Avanti”, “L’Ordine Nuovo” e il mussoliniano “Popolo d’Italia”), risulta un impressionante quadro d’insieme: furono 176 i comuni pavesi teatro di violenze tra il 1921 e il ’22. Principale obiettivo degli squadristi erano le amministrazioni “rosse” che dopo il voto dell’autunno 1920 reggevano gran parte della provincia: i sindaci, uno dopo l’altro, furono costretti a sloggiare con le buone o, molto più spesso, con le cattive, fino ad Alcide Malagugini, cacciato dal Mezzabarba proprio nei giorni della calata delle squadre sulla capitale.

La mostra si sofferma anche sul ruolo svolto dagli agrari lomellini nel sostegno, economico e di classe, al nascente fascismo. Poi le vittime: il medico socialista Fabrizio Maffi, bastonato al Demetrio; il giovane leader comunista Ferruccio Ghinaglia, assassinato in Borgo. E tanti altri.”