a cura di Giuliano Grasso e Alberto Rovelli
Zavattarello (PV), 12 marzo 2011
Tra il 2010 e il 2011 l’Associazione culturale Barabàn in collaborazione con il Comune di Brallo di Pregola, Comune di Varzi, Fondazione per lo Sviluppo dell’Oltrepo Pavese – GAL, Istituto comprensivo “Ferrari” e l’IPSIA “Calvi” di Varzi ha promosso un indagine per il REIL (Registro delle Eredità Immateriali) della Regione Lombardia al fine di documentare la presenza di pratiche di etnomedicina nell’Appennino lombardo. Gli esiti della ricerca – sorprendenti per la vitalità e la diffusione del fenomeno – sono stati successivamente pubblicati nel volume di Aurelio Citelli, Giuliano Grasso, Alberto Rovelli e Marco Savini INT U SEGNU. Guaritori popolari e pratiche magiche nelle Quattro province. Riportiamo qui una testimonianza raccolta a Zavattarello (PV) da Giuliano Grasso e Alberto Rovellida pubblicata nel DVD Vedere i segni, allegato al libro.
Il volume INT U SEGNU con il DVD Vedere i segni è venduto online da
Fototeca Gilardi
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Arriviamo a Zavattarello puntuali all’appuntamento con Emma Bruni. Il figlio Armando, col quale Alberto aveva parlato al telefono, ci accoglie in una bella casa, ben arredata e curata e ci presenta a Emma, una distinta signora con la quale rompiamo il ghiaccio regalandole una piantina che Alberto ha acquistato avendo saputo che la signora ha appena celebrato il suo novantunesimo compleanno. Ci racconta che ha imparato i segni dalla madre circa venticinque anni or sono, quando è venuta ad abitare con lei e ha cominciato a segnare in casa. Ci elenca i segni che le ha lasciato: per il fuoco di sant’Antonio, le scottature, le slogature, l’ulcera e i vermi.
Dopo che ci ha rivelato tutte le formule e ci ha permesso di scattare alcune foto, Emma acconsente volentieri a mostrarci una “segnatura” completa facendosi filmare con la telecamera e, dopo essersi fatta portare tutto il necessario (cotone, filo, bicchiere) dal figlio, opera su Giuliano la segnatura del fuoco di sant’Antonio e dei vermi, quest’ultima molto lunga e ripetitiva. Le pratiche vengono eseguite in modo molto solenne, con il silenzio rotto solo dalla pronuncia della formula di rito. All’incontro partecipa anche il figlio della signora Emma, Armando Guarco (AG).
D. Lei è tanto tempo che segna
EB Ho imparato da mia mamma, perché lei segnava, e allora ho imparato da lei, e poi quando è morta m’ha lasciato un libro da messa che dove c’erano le mezze pagine bianche ha segnato tutti i segni.
D. Era un libro stampato?
EB Sì, un libro vecchio che usava lei, perché lei era molto religiosa, e allora tutti i giorni faceva le sue preghiere, mattina e pomeriggio, nel libro dove c’erano su questi, dove lei leggeva le sue preghiere dove c’era un po’ di bianco lei scriveva i segni che mi ha lasciato.
D. Perché i segni non erano sul libro?
EB No, li ha scritti lei, e poi siccome lei era inferma, l’aiutavo quando veniva qualcuno a farsi segnare, e ho imparato anche per quello. [Lo ha lasciato] solo a me. M’ha lasciato il segno del fuoco di sant’Antonio, delle scottature, delle slogature e il segno dell’ulcera e poi i vermi, diversi segni. Ho segnato solo quello che m’ha insegnato mia mamma e lei sapeva questi e basta.
D. Lei ha imparato da ragazza, quindi?
EB No, ero già sposata, sono un venticinque o trent’anni che ho imparato. La nonna quando è venuta a casa nostra aveva novantacinque anni, ha incominciato a segnare a casa mia e allora, siccome che si è rotta il bacino io l’aiutavo a alzarsi e via, e allora ho imparato.
D. Ci può dire come fa a segnare le varie malattie?
EB Il fuoco di sant’Antonio bisogna prendere tre batuffoli di cotone bagnati con l’acqua santa, si mettono in un piattino e poi sul male si fa il segno della croce e si gira tutto attorno al male e si dicono le parole: Sparsati o fuoco che ti conosco/ dalla pietra che tu sei nato/ io con l’acqua di rismorso. per tre volte, con tutti e tre, prima uno e poi l’altro tutti i tre batuffoli di cotone, poi si mettono tutti e tre assieme e si fa ancora questo segno, girando sempre sul male con questo cotone. Sopra si fa la croce, prima si segna: “in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, amen”, poi si fa la croce e poi si gira tutto attorno al male e con l’acqua santa e il cotone si bagna tutto il male. Poi in ultimo si prendono i tre batuffoli e si fa ancora il medesimo, le medesime parole: Sparsati o fuoco che ti conosco/ dalla pietra che tu sei nato/ io con l’acqua ti rismorso. E bisogna essere a digiuno, sia il paziente che lei.
D. C’è un orario particolare in cui bisogna farlo o è uguale?
EB Di solito al mattino, bisogna farlo, a digiuno. Tre volte, per tre mattine, e quel cotone lì non bisogna buttarlo, bisogna bruciarlo, nella stufa, ogni giorno, perché ogni giorno bisogna prendere tre batuffoli di cotone e fare sempre il medesimo segno. Io quando non avevo la stufa lo bruciavo sul gas, ma bisogna bruciarlo.
D. E l’acqua santa dove dove la prende?
EB L’acqua santa non me la lasciano mai mancare, un signore di Pavia è andato a Lourdes, siccome era venuto a farsi segnare il fuoco di sant’Antonio, quando va a Lourdes viene apposta a portarmi il fustino di acqua santa da Lourdes. Il primo segno che ho fatto io, era un ragazzo di qui, che s’è scottato tutto con la bottiglia dell’acqua bollente, aveva la bottiglia di acqua calda, e giocava con suo fratello, si è scoppiata la bottiglia e s’è bruciato tutta la pancia, e allora non avevo l’acqua santa; siccome che ero qui in paese, sono andata in chiesa, ho preso un po’ d’acqua nel cosino della chiesa e l’ho segnato.
D. Il parroco cosa dice del fatto che lei fa questi segni?
EB Mia mamma era molto scrupolosa in queste cose, e quando s’è confessata gliel’ha detto al parroco, e il parroco ha detto “Miglìn, vadi avanti a fare questo bene, perché lei fa del bene, non è che…”, e mia mamma non ha mai voluto essere pagata, e nemmeno io. Quando vengono glielo faccio volentieri, e l’unico cosa che ci tengo è quando stanno bene che mi facciano sapere se va meglio sì o no.
D. In genere passa?
EB Sì, sì. E le scottature, il medesimo segno, come il fuoco di sant’Antonio, perché il fuoco di sant’Antonio è come una scottatura, vengono le vesciche come la scottatura.
D. Quindi il segno è uguale, le parole sono le stesse?
EB Sì. Invece i vermi, bisogna prendere nove pezzi di filo bianco, di cotone, e otto sono tutti uguali e uno è un po’ più lungo e allora si prende un filo alla volta, con un bicchiere d’acqua, acqua naturale, e glielo passa attorno al collo, fa il segno della croce, col filo. Qui, dove c’è la gola, fa il segno della croce e dice: Verme triste che tu sei/ ti butto nel fuoco e brucerai/ tranne il maggiore, il filo più lungo, che è il verme maggiore si lascia per ultimo; quando ha fatto questo segno si taglia un pezzettino di filo e si mette nell’acqua del bicchiere; quando ha finito di fare tutti i nove fili, con un dito cerca di farli bagnare bene: se loro si girano nel bicchiere, allora i vermi ci sono, se il filo sta fermo, sta sopra non ci sono i fermi
D. Quindi questo si fa prima per vedere se ci sono?
EB Se ci sono dà il segno perché girano nell’acqua, altrimenti non ci sono; perché tanti i vermi ci portano alla gola e soffocano il malato. [Anche il segno dei vermi va fatto] tre volte, sempre al mattino a digiuno, sia i vermi che il fuoco di sant’Antonio e le scottature. Invece le slogature no, le slogature si segnano al pomeriggio, verso il tramonto, allora si prende la sonsa di maiale, vecchia, perché bisogna che sia un po’ vecchia, si prendono sempre tre batuffoli di sonsa, sempre con l’acqua santa, e poi la passa dove c’è il male. Si fa la pallina e si passa dove c’è il male e si dice: Acqua viva/ e sonsa morta/ fagh’ varì/ ‘sta vena storta e si massaggia bene dove c’è il male, perché si sente il muscolo, si sente duro dove c’è la corda incavallata.
D. Lei quando passa le mani riesce a sentire?
EB Si sente, perché rimane duro, rigido, poi facendo questo lavoro, si tende la mano così, fa passare sempre con la sonsa: Acqua viva/ e sonsa morta/ fagh’ varì/ ‘sta vena storta. Sempre così, e la unge bene, poi l’unto non lo tira via fino all’indomani sera, glielo lascia sopra, sempre per tre volte, e bisogna dire le preghiere, intanto che lei fa questi massaggi dice il Padre Nostro e l’Ave Maria, a Sant’Antonio in onore della Santissima Trinità, sempre. [Lo dico] io, poi il paziente lo dice a casa sua, in giornata, quando vuole, ma io quando faccio così dico sempre Padre Nostro e Ave Maria, sant’Antonio in onore della Santissima Trinità. Il grasso rimane sopra dove c’è il male.
D. Lo usa tutto?
EB Sì, si fanno delle palline piccole, secondo la slogatura com’è, rimane sopra, ci mette una carta, un pezzo di scottex casa e lo lega, perché quella carta lì lo lascia assorbire bene dal male, perché rimane infiammata quando c’è il male, si infiamma e scalda, quella roba lì assorbe il male. E va a posto.
D. Chi è che viene a farsi segnare? Vengono anche i ragazzi, quelli che giocano a pallone?
EB Ma chiunque. Guardi che quando c’era mia mamma è venuto un signore da Milano che era andato a sciare e s’era slogato una gamba e non riusciva a…, i medici c’ han fatto la doccia [il gesso], l’hanno legato e via, ma non riusciva a star bene, è venuto a farselo segnare e è guarito.
D. Mi diceva prima della fede che è importante?
EB Sì, bisogna aver fede. Anche quello che viene, guardi, la prima parola che le dico io, le dico: se hai fede te lo segno, sono sicura che stai bene, ma se non hai fede…
D. Non funziona?
EB No! guardi che mia mamma, abitavamo fuori in paese, a Perducco, avevamo la stufa, era una donna precisa, ha mangiato un arancio, poi si sentiva le mani sporche, io non c’ero, e allora lei si è alzata per andare vicino al rubinetto a lavarsi; siccome che si è rotta il bacino e non riusciva a stare in piedi bene, ha messo la mano sulla stufa accesa; lei è andata subito sotto il rubinetto, se l’è segnata subito. E il mattino, siccome che lui ci ha detto “nonna, io non ti credo”, quando si è alzata ci ha detto: “Armando, guarda la mia mano” e lui ci ha detto: “Nonna, sei una strega”.
D. E lei che altre malattie segna?
EB Adesso ce n’ho uno, questo me l’ha lasciato un signore, e questo signore è venuto a farsi segnare il fuoco di sant’Antonio, però questo segno l’ho provato su Armando, mio figlio, e mia nuora, perché questo è poco che lo faccio, e fa molto bene.
D. E questo signore che segna anche lui è venuto a farsi segnare da lei il fuoco di sant’Antonio?
EB Sì, e m’ha lasciato questo segno. A Serravalle Scrivia abita. Ecco, questo è il segno, l’ho già fatto. [Per la bronchite]: bisogna prendere un pezzo di candela di candeloro, però bisogna farlo in un tegamino di terracotta con un cucchiaio di legno a sciogliere la candela e intanto che si scioglie la candela bisogna dire queste preghiere, poi quando è tiepido bisogna metterla in mezzo a uno straccio, perché poi bisogna buttarlo, così per non sporcare tutto e metterlo sulle spalle; guardi, due volte che lei lo fa si scioglie la bronchite che è un piacere, cioè scioglie il catarro che è una cosa incredibile. Questo lo provate perché è miracoloso davvero.
D. Devono venire per forza? Non si può segnare a distanza?
EB Segno anche a distanza, però è meglio segnarlo da vicino.
AG. Fin’ora l’unico segno a distanza che le è riuscito è ad Amburgo, no?
EB Un mio cugino che abita in Germania, [è andato dal] dottore, non riusciva a guarire, e infatti sua sorella ci ha detto: “Ma sei un incosciente, sei venuto su d’estate, perché non sei andato da Emma a fartelo segnare?”, non ci ha pensato. Poi m’ha telefonato e m’ha detto: “Guarda, così e così”: è guarito!
D. Lei segna anche qualcos’altro?
EB L’ulcera. Bisogna andare a digiuno dove c’è dell’erba, però lei deve andare da una parte e venire dall’altra, non fare la medesima strada, e intanto che va lei deve togliere qualsiasi erba, ma prenderla proprio dalla radice. Lei strappa un filo d’erba, ma dalla radice, e fa il segno sullo stomaco e dice “Erba ti strappo, ulcera ti lascio”, e si butta dietro. Si butta dietro, sempre dicendo le preghiere, poi, sempre i Pater Noster, l’Ave Maria, a Sant’Antonio in onore della Santissima Trinità, per nove erbe, nove fili, qualsiasi erba, lei fa un passo, ne strappa un altro, si gira, l’ammalato, e le dice: Erba ti strappo/ ulcera ti lascio, e la butta dietro.
D. Ma lì fa il segno della croce?
EB Sullo stomaco, qui, e la butta sempre dietro, poi fa ancora sempre con l’ammalato fa ancora due o tre passi. Bisogna andare fuori.
D. Cioè si va fuori insieme; è lui che deve raccogliere l’erba?
EB No, noi, nove volte.
D. E non ha mai segnato la risipola?
EB No. La risipola c’era un signore che la segnava a Perducco, ma è morto, questo non l’ho imparato. “Nel nome di Dio e della Beata Vergine Maria della sua Santissima Trinità”: questa è il sangue.
D. Che cos’è il sangue?
EB Il sangue, si segnava, se magari avevano qualcosa che non capivano, lei segnava il sangue; questo non me lo ricordavo più, guarda: Nel nome di Dio/ e della Beata Vergine Maria/ della sua Santissima santità/ ci dia la sua santa sanità/ se è un segno/ va in un legno/ e se è sangue/ va in terraferma. È un male, lei magari si sente un disturbo, le dà fastidio o prurito o qualcosa, è male che è nel sangue, e allora bisogna dire queste parole.
D. E le diceva in italiano o in dialetto?
EB In italiano.
D. E non ha mai segnato le cose degli occhi, per esempio?
EB L’orzaiolo. Io non l’ho mai segnato, ma mia mamma lo segnava.
D. L’ unghietta, quei pallini che vengono…
EB Sì. ma io quelle lì non me le ricordo.
D. E l’abbassamento di stomaco?
EB No.
D. C’era qualche segno dove bisognava usare degli oggetti, non so, l’ago, la fede, le spine?
EB La fede so che la usava per segnare qualcosa ma non mi ricordo più, e l’ago per segnare l’orzò, però non mi ricordo le parole.
D. Ma lei, però, non l’ha lasciato a nessuno il segno o l’ha lasciato a qualcuno?
EB È venuta una signora qui di Zavattarello, che desiderava di impararlo, e gliel’ho dato, perché non è che si fa male, perché se non posso io può farlo un altro, e io sono stata contenta da darglielo; la Tilde, è venuta, è una signora che abita qua avanti; è la mamma del bambino che è stato il primo segno che ho fatto; tanto è vero che quando me l’ha detto una mia cugina mi ha preso in piazza e m’ha detto: “Emma, non dirmi di no perché so che sei capace”, ma ero scettica, i primi segni avevo paura di far brutta figura, che non mi riescano, e allora ho detto: “No”. Mi ha detto: “Non dirmi di no perché è un bambino”, quando m’ha detto che è un bambino ho sentito una cosa, ho detto: “No, glie lo faccio”. Infatti sono andata in chiesa, ho preso un po’ d’acqua santa, e sono venuta giù e glie l’ho segnato, abitava qui avanti a noi. Dopo tre giorni che ci ho segnato la scottatura è venuto il medico perché era a letto, nemmeno il lenzuolo riusciva a tenere addosso, perché era proprio tutto scottato, dallo stomaco a qui, fino alle gambe, una cosa spaventosa, aveva delle vesciche così. Gliel’ho segnato subito, poi al mattino, allora io abitavo a Perducco, il papà è venuto a prendermi, e gliel’ho segnato per tre mattine. Dopo un quattro o cinque giorni è venuto il medico e ha detto: “Ma qui è un miracolo, perché io non ho mai visto una scottatura proprio…
D. Questa signora a cui ha insegnato lei…
EB È venuta sarà un mese si e no. È la mamma di questo ragazzo che si è bruciato tutto. E poi è venuto il marito a farsi segnare il fuoco di sant’Antonio, è venuto il figlio, uno di questi gemelli, che aveva tutto uno sfogo, che un primo momento pensavo che fosse il fuoco di sant’Antonio perché ci sono venute tutte le vesciche sulla pancia e dappertutto, invece poi no, non era il fuoco di sant’Antonio, era un male che ci è venuto tutto nel sangue, proprio, era tutto pieno, che è andato in dermo a Pavia, e ci han detto che è una malattia della pelle, e io da casa ci ho segnato il sangue; adesso, perché ci ho segnato il sangue o era il suo destino, comunque è stato bene; questo, non le posso dire perché l’ho segnato il sangue, a casa, e poi è stato bene.
D. E quei segni dove si usava la saggina della scopa?
EB No. E tanti questi segni li usano, ma io no. Io ho sempre usato l’acqua santa e basta. L’unica cosa la sonsa e l’erba per segnare l’ulcera.
D. E c’era qualche segno dove invece chi veniva doveva dire qualcosa?
EB Dicono le preghiere, tre Padre nostro e tre Ave Maria, a sant’Antonio in onore della Santissima Trinità. Gli orecchioni mi ricordo che li segnava mia mamma, faceva dei segni qui dalle orecchie, ma non mi ricordo le parole.
D. E sua mamma da chi li aveva imparati?
EB Dalla nonna [sempre di Perducco]. Se lo trasmettevano.
D. E m’ha detto che c’era un altro signore a Perducco che segnava?
EB Sì, segnava l’orgion, il mal ad testa, gli orecchioni, il mal di testa. Enrico, ma è già un po’ d’anni che è morto.
D. E il dottore cosa dice del fatto che vengono le persone a farsi segnare?
EB La dottoressa me li mandava, quando c’era la Fariseo che vedeva qualcuno col fuoco di sant’Antonio me li mandava, è venuta anche lei. Pensi, la dottoressa è venuta a farsi segnare il fuoco di sant’Antonio, che l’aveva sulla schiena, da mia mamma, e poi è venuta a farsi segnare i vermi. Dopo un po’ è venuta e ci ha detto: “Miglìn, sono venuta ancora a farmi segnare i vermi”. Mia mamma si è messa per segnarglieli, e glieli ha segnati, e ci ha detto: “No, dottore, questa volta non li ha i vermi, avrà qualcos’altro ma i vermi non li ha”, e lei ci ha detto: “Ho voluto fare una prova per vedere se veramente capisce”. Mia mamma ci ha fatto: “Oh, baloss!”…
Guarda che il fuoco di sant’Antonio, se tu dai su una crema o che lo ungi con qualcosa, è un male, perché si allarga di più, perché non c’è come le creme da farlo… niente, non bisogna metter su niente, una tela vecchia, gliela mette su per tenerla staccata dagli indumenti, o la lana o li cotone, le maglie di cotone che c’ hanno le righe, un pezzo di tela e basta, perché se lei gli dà su della crema si allarga di più e brucia di più, perché il fuoco di sant’Antonio è terribile, non si dorme né giorno né notte perché brucia, oltre che brucia fa male.
D. Lei non ha mai usato per esempio quelle piante…, qualche pianta?
EB Sì, le piante si usano, ad esempio, quando viene la risipola, con la malva, si fa bollire la malva, o un ascesso o qualcosa, lei fa bollire la malva, l’acqua si fa i risciacqui in bocca e poi la malva proprio gliela mette sopra e toglie l’infiammazione… Po’ gh’è il medghèt, come si dice in italiano? Noi l’abbiamo sempre sentito parlare del medghèt, è un’erba amara, quella lì mia mamma ne faceva uso tanto, perché fa bene alla digestione, si bene, si fa bollire l’erba, si cola l’acqua e si mette in una bottiglia e si beve. Medghèt, a Perducco ce n’era tanto, adesso qui non so se se ne trova in giro. È un’erba che viene alta, un po’, non è proprio verde, è un po’ chiara, è amara, proprio amara. Quella lì fa bene per la digestione, per l’intestino, per lo stomaco, fa molto bene. Ricordo che mia mamma, quando lo faceva bollire, che aveva qualche bottiglia di scorta, che veniva il medico, specialmente il duttur Retani, le diceva: “Miglìn, questa bottiglia la porto via io che voi avete tempo farne un’altra bottiglia”. La portava via lui, la beveva lui, perché faceva molto bene.
D. È venuta tanta gente?
EB Mah, quando c’era la nonna sì, ma anche perché, visto anche l’età, era abbastanza conosciuta.
AB Nella zona, la gente che passava da Perducco, che la conoscevano non la dimenticavano più. Guardi che tempo di guerra, si è salvata coi cassetti vuoti perché aveva quattro figli, e vedova, siamo rimasti orfani io avevo dieci anni.