Barabàn – Terre di passo

Terre di passo, terre di vento, terre di confine
Le terre di passo sono il luogo simbolico di incontro delle differenze, delle contaminazioni linguistiche, di riti e tradizioni. Sono il luogo della memoria. Ma sono, anche, simbolo di una terra di frontiera più grande: l’Italia, terra di passo per eccellenza, luogo di passaggio di popoli e genti diversi, spazio ideale di confronto e scambio delle alterità.

L’ultimo lembo di entroterra ligure, al confine tra Italia e Francia, è terra povera, aspra, battuta dal vento e dai traffici più diversi. Terra di antichi passaggi, sui suoi sentieri si canta e si danza, si odono parole e suoni di paesi lontani. Sono i barabba del mondo, gli affamati della terra, baraban migranti, clandestini, donne e uomini senza carte che, nell’Europa che ha abolito le frontiere, non si azzardano a passare dalle normali vie di traffico. Ripercorrono strade un tempo battute da ritals, passeur, contrabbandieri, ebrei, perseguitati politici.

Seguire il filo di questi passaggi, antichi e nuovi, è un po’ come seguire il filo della storia, il passare delle stagioni. Barabàn è partito da qui, dalle terre aspre di confine per cantare tutta quanta l’Italia, per rievocare la Milano della Resistenza, la sete di giustizia, la sofferenza, la speranza.

Rilevante, per questo tratto di strada, è stato l’incontro con Franco Loi: la sua poesia carica di tensione e musicalità, popolare e colta, arcaica e moderna, ci è parsa un approdo naturale. Profondamente legato alla Milano operaia, artigiana, periferica e dialettale (la città del «popul armà, popul de speransa»), Loi assegna a questi testi, scritti in anni lontani, una funzione testimoniale, talvolta di invettiva («Italia ladra, terascia de cü alégher»), e dà voce alle istanze della parte esclusa dell’umanità.

Spunti e idee ci sono venuti anche dall’opera di altre due figure della cultura moderna: Francesco Biamonti e Fabrizio De André.

La fonte principale di questo lavoro, tuttavia, rimane il patrimonio di conoscenze, storie e linguaggi, di tante donne e uomini che abbiamo incontrato sui sentieri della memoria. Un patrimonio utile, anche per il futuro.

«Se non sai dove stai andando, volgiti a guardare da dove vieni». Bar aba, Barabbas, Baraban. La nostra strada, il nostro sentiero, sta lì, in quel nome.

Tracklist

  1. Terre di passo  (musica e parole A. Citelli)   
  2. Bar aba, Barabbas, Baraban (trad. – arr. A. Citelli, G. Grasso)
  3. Le Valli dei Cavalieri  (trad. – arr. A. Citelli)
  4. Italia   (musica A. Citelli, parole F. Loi)
  5. Notte mediterranea  (trad.)
  6. Primula Rossa e Vento d’aprile  (musica A. Citelli)
  7. La set     (musica A. Citelli, parole F. Loi)
  8. 14 luglio    (musica A. Citelli)
  9. I sàres    (musica A. Citelli, parole F. Loi)
  10. Moline swing  (musica G. Grasso)
  11. El silensi    (musica A. Citelli, parole F. Loi)
  12. MazuDoru    (trad. – arr. V. Caglioti, A. Citelli)
  13. Canzone del Maggio (live)  (F. De André, Piovani, Bentivoglio)

Total time: 52:44

MusicistI

Vincenzo Caglioti: organetti diatonici, voc
Aurelio Citelli: voce solista, ghironda, bouzouky, tastiere, basso
Giuliano Grasso: violino, voce
Diego Ronzio: darabuka, batteria, percussioni, clarinetto, piffero, sax, voce
Paolo Ronzio: chitarra acustica, bouzouky, mandolino, flauti, cornamuse, voce

con
Mouna Amari: voce in Notte mediterranea e voci “migranti” in Terre di passo
Donata Pinti: voce in Notte mediterrane
Luigi Zucca: contrabbasso in 14 luglio e Moline swing

Registrato nel 2001-2002 al Barabàn Digital Studio, Gaggiano e Inveruno (MI)
Tecnico del suono: Alessandro Magistrelli
Direzione artistica: Aurelio Citelli
Note a cura di Aurelio Citelli, Giuliano Grasso e Diego Ronzio
Grafica e coordinamento editoriale: Giuliano Grasso
Copertina creata da un dipinto di Emile Bernard (1878-1941), rielaborazione digitale di Giuliano Grasso e Elena Piccini

ACB/CD13
© 2002 Associazione culturale Barabàn

Recensioni

“Solido e di grande impatto emotivo il lavoro dei Barabàn, dipanato in cinque precedenti lavori discografici. Qui però la posta per lo storico gruppo milanese è ancora più alta… Nulla va perso dell’impatto sostanzioso del suono Barabàn, arricchito da sfumature inedite: cadenze yiddish, una ninna nanna araba che sfocia in una “dondela” romagnola, strumentario allargato di corde, ance e percussioni usato con gusto, i testi appassionati del poeta Franco Loi. In chiusura una splendida versione “Live” della Canzone del maggio di De André, che già compariva nella raccolta Canti Randagi, ma ora resa con un quid di forza lucida in più.” (World Music, 2003)

“I fans di Barabàn adoreranno certamente questo sesto disco. Soprattutto perché è ben realizzato. La registrazione e il lavoro di studio impeccabili. I testi sono politicamente corretti. I musicisti sono eccellenti, virtuosi.”
(Trad, Francia, 2003)

“…un album caleidoscopico, che reinventa le carte geografiche all’insegna di una musica totale, orgogliosamente legata alle radici ma anche “al di là” delle radici. Molto belli i testi di Franco Loi, uno dei più celebri poeti italiani, colmi di ironia, passione, dolore, e di inevitabili riferimenti alla storia italiana di ieri e di oggi.” (Rockerilla, 2003)

“Terre di passo si può tranquillamente considerare un punto d’arrivo per la maturità con cui è stato concepito e la bellezza delle canzoni.” (Jam, 2003)

“Un lavoro al contempo colto e popolare, arcaico e moderno, sicuramente un lavoro maturo e convincente…spiccano gli splendidi testi di Franco Loi.” (Suono, 2003)

“Un disco che costringe a pensare (finalmente! verrebbe da dire…), che antepone alla fastidiosa stucchevolezza  pseudo-filologica di molti dischi che si dichiarano “tradizionali”, una musica che si fa discorso, oltre gli intellettualismi di rito, e scende a patti con la più impresentabile delle realtà.” (Folkbulletin, 2003)

“…una mescolanza sapientemente scelta di materiali della tradizione, composizioni ricche di sensibilità e poesia contemporanea.” (Folk Roots, Gran Bretagna, 2003)

“…il miglior lavoro finora espresso da questo gruppo storico e una delle cose migliori del folk italiano più recente.” (L’Ovadese, 2003)

“Terre di passo è l’album più maturo e convincente del gruppo milanese. Un felice incontro di poesia contemporanea e musiche tradizionali. Forti di una solida cultura etnomusicale, i Barabàn spaziano dall’arcaico al moderno, dalle mazurche del Canavese ai canti yiddish, dalle melodie dei violinisti dei monti parmensi allo swing.” (Panorama Travel, 2003)

“… c’è un disco uscito circa contemporaneamente al Fischio del vapore e che secondo me è molto più bello; si chiama Terre di passo, lo ha inciso un gruppo che si chiama Barabàn: ci sono musiche tradizionali e canzoni originali in stile sugli stupendi testi in dialetto milanese del poeta Franco Loi. Le canzoni parlano dell’Italia e della sua storia, la tradizione popolare la senti nella sua espressione migliore.” (www.golemindispensabile.it, 2004)

 “Centrale in questo disco dei milanesi Barabàn è la poesia del milanese Franco Loi, classe 1930, uno degli autori che hanno rimesso al centro della letteratura italiana contemporanea la dignità delle lingue non nazionali.” (Il giornale della Musica, 2005)

“Un bel disco, che coniuga impegno civile e denuncia sociale con un suono d’insieme pieno ed incisivo, carico di pathos ed energia, spesso dalle tinte epiche, come nella splendida traccia iniziale, che dà il titolo al disco, opera di Aurelio Citelli.” (www.lacantarana.it )

“… può forse far trasalire qualcuno l’introduzione di un traditional tunisino, ma chi conosce il gruppo sa che non si tratta di puristi e neppure di innovatori da quattro soldi…” (Blow up, 2003)

(…) O ai recentissimi lavori di Baraban sulla clandestinità (“Terre di Passo”) e dei Radicanto sull’emigrazione (“Lettere Migranti”)… Dischi il più delle volte bellissimi e intensi, “significativi”, che attraverso la riproposizione o la composizione originale impongono un nuovo (o rinnovato) approccio alla realtà sociale e politica del nostro paese. (FUORCHE’ IL PROVVISORIO…)


Vendita
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€ 15,00