Senza Faber


Avevamo incontrato Fabrizio De André l’11 maggio 1995 nei camerini del Teatro Manzoni di Monza dove la Provincia di Milano e Cose di Musica, avevano organizzato la presentazione di Canti randagi il CD tributo a De André, tutto in lingua dialettale, realizzato da artisti come Peppe Barra, Elena Ledda & Sonos, Bevano Est, Allan Taylor, Barabàn e altri.
Mentre il pubblico riempiva il teatro, Fabrizio, con la consueta discrezione, si era rifugiato nei camerini sotto al teatro. Quella sera, essendo lombardi, eravamo stati messi come primi in scaletta e quando De André vide il programma della serata appeso al muro disse: “Barabàn. Loro fanno Canzone del Maggio“. Sebbene informato del progetto solo pochi giorni prima della presentazione, Faber conosceva tutti gli artisti e le versioni delle canzoni pubblicate sul CD.
Poi, spente le luci, Bruno Gambarotta entrò in scena per presentare la serata e solo allora Faber entrò in teatro. Nessuno, fra il pubblico, si accorse della sua presenza. Solo al termine dello spettacolo, con un po’ di ritrosia, salì sul palco a omaggiare i musicisti che si erano esibiti e a salutare il pubblico che, sorpreso per quella presenza inattesa, applaudì a lungo.

Per Canti randagi – progetto promosso da Andrea Del Favero e Adele Di Palma, con la complicità di Dori Ghezzi – Barabàn aveva scelto di renterpretare Canzone del Maggio. Tra le canzoni di Fabrizio ci sembrava la più milanese, la più “altra” e, in quegli anni bui per la società italiana, controcorrente. E poi aveva un bel tiro, suonava quasi rock. Per renderla più realistica l’avevamo fatta precedere dai rumori di una manifestazione studentesca del ’68 con grida di “Scuola libera! Scuola libera!” che nei nostri “live” mandavamo attraverso un registratore a cassette Sony.


Nel 2010 uscì Canti randagi 2 e Barabàn, nuovamente coinvolto nel progetto, reinterpretò Fiume Sand Creek in una versione cantata in lombardo, albanese, arabo, in cui il Sand Creek diventa l’Agrakal, il Mar Mediterraneo, ancora oggi luogo di tragedie legate alle traversate dei migranti. Ci aveva ispirato un toccante articolo su una domma migrante morta durante la traversata, scritto da Ezio Mauro, direttore de “la Repubblica”.

Oltre a queste due importanti esperienze, il percorso artistico di Barabàn si è poi intrecciato alla poetica di De André anche per l’allestimento di spettacoli dedicati alla donna (L’anello forte, Voce al silenzio) nei quali le canzoni di Faber fanno da filo conduttore.

Nel 1999 Bruno Bigoni e Romano Giuffrida dedicarono a De André il docufilm Faber e per la colonna sonora utilizzarono anche musiche di Barabàn.