Leydi su il manifesto

Roberto Leydi, indagine popolare

di Guido Festinese

Ormai il tempo ha sedimentato e storicizzato arcate cronologiche così ampie, anche nel mondo del cosiddetto folk revival, che si possono cogliere vette e altitudini prima non verificabili. Lo sgranarsi degli anni lascia segni, non è vero che tutto evapori. O, per dirla con Tabucchi, «di tutto resta un poco».

Un poco che ha peso specifico assai elevato e fa da anello di tenuta per fior di ragionamenti. Una delle figure apicali, nel territorio spesso indistinto e iperspecialistico dell’indagine sulle culture popolari musicali è stato Roberto Leydi. Un bel testo curato dal musicista ricercatore e documentarista Aurelio Cirelli edito dall’Associazione culturale Barabàn, adesso ce ne restituisce la figura arguta, competente e qualche volta imprevedibile, nei suoi scarti laterali d’indagine.

Guizzi che poi, sulla lunga distanza, si rivelavano scelte migliori che la via diritta. Per questo suonano azzeccati titolo e sottotitolo: Roberto Leydi. Il «monello» che ci fece conoscere l’altra musica. Il testo sul poliedrico etnomusicologo, docente, giornalista e ricercatore milanese esce a trent’anni dalla scomparsa, e ricompone un quadro di vivacità culturale ed effervescenza negli affondi sui viaggi con Scianna, l’epopea dello spettacolo Bella ciao, l’insegnamento al Dams di Bologna, il collezionismo musicale competente.

Un codice Qr nel libro permette di vedere Leydi, l’altra musica, e ascoltare o vedere il contenuto di Canti e musiche per Roberto. Contributi a tutto campo: per non scontentare nessuno citeremo solo quelli di Umberto Eco e Moni Ovadia. Distribuzione solo on line su fototeca-gilardi.com.