Su Brescia Musica un ricordo di Franco Ghigini a due mesi dalla scomparsa

Aurelio Citelli ricorda Franco Ghigini, a due mesi dalla morte, sul periodico Brescia Musica.

Con pazienza e garbo

di Aurelio Citelli
È con profonda emozione che ricordo Franco Ghigini (1957 – 2024), di Gardone Valtrompia (BS), ricercatore, musicista, pubblicista, tra i più colti, impegnati e raffinati etnografi italiani, a lungo collaboratore di Brescia Musica.
Franco si era laureato con lode in Etnomusicologia con Roberto Leydi presso il DAMS di Bologna e da quattro decenni era impegnato in ambito storico-etnografico ed etnomusicologico soprattutto in Valle Trompia e nel Bresciano. In collaborazione con enti pubblici e musei ha svolto ricerche approfondendo le peculiarità espressive delle culture locali, i repertori musicali di tradizione orale e l’evoluzione novecentesca delle musiche popolari. Autore di volumi, saggi e articoli per riviste specializzate, ha curato pubblicazioni in ambito storico-etnografico, produzioni discografiche dedicate alle tradizioni musicali bresciane, l’organizzazione di rassegne e concerti.

Suonatore di organetto diatonico, si è occupato professionalmente di musica: fino al 1996, come insegnante presso la Scuola di Musica Popolare ACP Valle Verzasca (Svizzera) e negli anni successivi come musicista compositore. Suoi brani sono stati utilizzati in film, documentari e spettacoli teatrali. Nel 2018-2019 era stato chiamato ad insegnare Etnomusicologia al Conservatorio ‘Luca Marenzio’ di Brescia.
Le musiche e i suoni della tradizione erano una delle sue passioni più vive. Qualche mese fa, seppur malato, aveva acquistato un nuovo organetto diatonico spinto dalla voglia di ricominciare a suonare: era curioso di scoprire le sonorità del nuovo strumento, pronto a partire per nuovi viaggi musicali.
Persona di rara sensibilità, cortese nei modi e sempre disponibile Franco sapeva cogliere immediatamente l’essenza di un progetto, una ricerca, una testimonianza, un disco.
Sapeva coltivare le amicizie.
Lo avevamo conosciuto nel 1984 quando chiamò Barabàn – tra gli altri – sul palco di Suoni nella Valle, festival di musica tradizionale da lui pensato e organizzato a Villa Carcina. Da quell’incontro era nato un solido rapporto di amicizia rimasto immutato nel corso degli anni.
Tante sono state le occasioni che ci hanno visti insieme e ogni volta scaturivano idee per nuove avventure, spesso rimaste solo nelle nostre teste per mancanza di tempo.
Nei primi anni Duemila, sapendoci impegnati a musicare le liriche di Franco Loi, poeta cresciuto tra i cortili del Casoretto e le nebbie dei Navigli milanesi, ci spronò a continuare su quella strada, tra le balere della Milano operaia e Resistente, swing, mazurche e versi carichi di musicalità e di storia.
Fu lui, nel 2004, a metterci in contatto con Libero Giacomelli, bellissima figura di partigiano di Bovegno (BS) – e primo sindaco della cittadina valtromplina, dopo la Liberazione – del quale raccogliemmo insieme una straordinaria testimonianza in video pubblicata nel nostro DVD “Venti5 d’Aprile”.

Affidarsi a Franco significava avere la certezza di essere sulla buona strada; da lui venivano sempre idee e spunti interessanti, riflessioni profonde da raccogliere e su cui lavorare, modi educati da apprendere, rapporti umani da coltivare.
Nel 2015, in occasione di un convegno dedicato alla cultura di montagna, lo avevamo invitato a tenere una relazione a Voghera (PV): nei pochi minuti a disposizione, con il suo eloquio elegante, aveva catalizzato l’attenzione dell’uditorio raccontando le esperienze di ricerca e restituzione realizzate in Valle Trompia. Ne era scaturita una testimonianza preziosa.
Frutto di studi profondi, una metodologia di ricerca rigorosa e una passione civile non comune la sua opera imboccava spesso strade inesplorate, dischiudeva scenari nuovi, sempre tesa, come scriveva lui stesso, a “riannodare l’ordito” ma anche a mettere in luce le differenze, disvelare le discontinuità.

La sua narrazione, affidata a testimonianza orali, documenti d’archivio, musiche registrate ‘su campo’ e immagini provenienti da raccolte familiari, intrecciava riferimenti storici e musicologici, la grande Storia ed esperienze di comunità. Al centro, c’era sempre l’uomo, il suo essere protagonista di vicende storiche e politiche, e nel caso dei musicanti che nell’Otto e Novecento si sono cimentati con clarinetti, spartiti e ballabili, la consapevolezza di essere attori di un processo di emancipazione culturale unico e irripetibile.
Alla sua terra e alla Lombardia Franco Ghigini ha dato tanto. Non sempre è stato ricambiato. Non sempre la sua opera, il suo impegno e la sua abnegazione hanno ricevuto il giusto riconoscimento. Sarà doveroso rimediare.
Tanti, in queste settimane, ci hanno chiamato per parlarci di Franco, raccontarci delle lunghe e appassionate discussioni intrattenute con lui su questo o quel musicista, questo o quel disco, questo o quel libro. Per le donne e gli uomini che l’hanno conosciuto Franco è stato un ponte; è stato capace di collegare mondi e persone diversi, talora lontani, talvolta perfino discordi.
A tutti, indistintamente, ha trasmesso la passione per la ricerca, per la memoria del territorio, per le musiche di piazza e di strada, per le cose fatte bene.
A tutti, con pazienza e garbo, ha insegnato a riannodare l’ordito.